LA PASTIERA IL CLASSICO DOLCE PASQUALE TRA MITO E TRADIZIONE

LA PASTIERA IL CLASSICO DOLCE PASQUALE TRA MITO E TRADIZIONE

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(di Miriam Perfetto) –  L’origine della pastiera napoletana é antichissima e proviene da culti pagani per celebrare l’arrivo della stagione primaverile. Le leggenda dice che la sirena Partenope aveva scelto come dimora il bellissimo golfo di Napoli e da lí cantava con voce melodiosa e dolcissima.

Il popolo allora per ringraziarla di questo

meraviglioso canto le portó dei doni, sette per l’esattezza, come le sette meraviglie del mondo, ognuno dei quali aveva un significato:

-farina: simbolo di ricchezza;

-ricotta:simbolo di abbondanza;

-uova: simbolo di riproduzione;

-grano cotto nel latte: simbolo di fusione tra regno vegetale e quello animale;

-fiori d’arancio: profumo della terra campana;

-spezie: omaggio di tutti i popoli;

-zucchero: per acclamare la dolcezza del canto della sirena.

Partenope gradí i doni, ma nel raccoglierli li mescoló in un’amalgama, che lasció

tra le sue mani la prima pastiera.

Nella cultura partenopea la pastiera è un dolce che viene preparato nel periodo

pasquale e in alcune zone della penisola sorrentina, come a Meta, viene

aggiunto un altro ingrediente, la cioccolata, in segno di lutto per la morte di

Gesù.

Con il susseguirsi degli anni, questa delizia pasquale, è divenuta messaggio di

pace e di grazia. La tradizione vuole che la pastiera si prepari il Giovedì Santo

anche perché è un dolce che invecchiando migliora, si può conservare fino a

dieci giorni, ma non in frigo perché si guasterebbe subito. Le suore ne

preparavano, confezionandole, un gran numero per patrizi e borghesi. Quando i

servitori andavano a ritirarle per conto dei loro padroni, dalla porta del convento,

che una monaca profumata di millefiori apriva con circospezione, fuoriusciva una

scia di profumo che s’insinuava nei vicoli intorno e, spandendosi nei bassi, dava

consolazione alla povera gente per la quale quell’aroma paradisiaco era la

testimonianza della presenza del Signore.

 

Gaetano Milone

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