MARTEDI’ 29 GENNAIO L’ARCICONFRATERNITA DEL ROSARIO FESTEGGERA’ SAN BACOLO, COMPATRONO DI SORRENTO

MARTEDI’ 29 GENNAIO L’ARCICONFRATERNITA DEL ROSARIO FESTEGGERA’ SAN BACOLO, COMPATRONO DI SORRENTO

MARTEDI’ 29 GENNAIO L’ARCICONFRATERNITA DEL ROSARIO FESTEGGERA’ SAN BACOLO, COMPATRONO DI SORRENTO

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Martedì 29 gennaio, con una solenne celebrazione eucaristica presieduta da don Francesco Saverio Casa, l’Arciconfraternita del Rosario festeggerà San Bacolo, vescovo vissuto probabilmente nel VII sec. e compatrono di Sorrento. Il sodalizio guidato dal priore Carlo Incoronato, che ha sede proprio nell’antichissima chiesa dedicata ai Santi Felice e Bacolo, esponenti di quel “cristianesimo delle origini”, svolge da alcuni anni un’intensa attività di recupero delle antiche tradizioni religiose sorrentine: insieme a san Valerio, venerato a Casarlano, San Bacolo è stato nel corso dei secoli aggiunto alla lista dei compatroni sorrentini per le sue virtù taumaturgiche e per la forte venerazione popolare che ispirava. Gli altri due compatroni sorrentini, che in un ideale “pantheon” sono assisi intorno al principale Antonino, sono Atanasio, venerato a Priora e San Renato, a cui era dedicato l’insediamento benedettino abbandonato e poi distrutto per far posto al cimitero cittadino. Per tornare a San Bacolo, che in passato, prima della riforma del calendario liturgico, la chiesa sorrentina e quella napoletana (di cui è compatrono in virtù dell’impegno della famiglia Brancaccio) festeggiava il 27 agosto, giorno della sua “nascita al cielo”, non possiamo che ripetere ciò che abbiamo scritto a proposito anche dei Santi Valerio e Renato. I confusi eventi altomedievali, che condussero Sorrento, tra il crollo dell’Impero Romano e la conquista normanna a conquistare persino una spiccata autonomia politica (il cosiddetto “Ducato di Sorrento”) hanno lasciato più eco che tracce documentarie: la scarsezza delle fonti, spesso giustificata unicamente con il sacco turco del 1558, ha avvolto nelle nubi del mistero la Sorrento medievale. In questo contesto, nonostante le lacune, alcuni culti e devozioni ci permettono di squarciare il velo dell’ignoranza e conoscere alcune “pillole” medievali: tra esse merita spazio, per il successo acquistato nel corso dell’età moderna e per il recupero che oggi ne viene pazientemente attuato, la vita e il culto verso il vescovo Bacolo. Secondo una “vita” (anticamente usata come omelia nel giorno della sua solennità), pubblicata anche dall’Ughelli (“Italia Sacra…” vol.VI) e risalente probabilmente al XII sec. (altri la retrodatano al IX sec.), Bacolo nacque a Napoli e abbracciata la vita religiosa, per la pietà dei costumi e la discreta cultura fu acclamato vescovo di Sorrento nel corso del VII sec. In realtà una data più di ogni altra potrebbe essere usata come spartiacque della vita del vescovo Bacolo: il 660. Secondo il Capasso, sulla base di un’attenta lettura dell’omelia medievale, Bacolo assunse il vescovado di Sorrento proprio nel 660, mentre L’Ughelli e i padri benedettini “bollandisti” ritenevano che tale data fosse quella della sua morte. Completamente in disaccordo il celebre arcivescovo sorrentino del’700 Filippo Anastasio: Baccolo doveva essere vissuto prima persino di Renato e Valerio (tra IV e V sec.), perché il suo corpo, dopo la morte, fu trasferito dalle mura sorrentine ad un tempio pagano infestato dai fantasmi (l’attuale chiesa dei Santi Felice e Baccolo). Comunque, al di là delle visioni controverse, Bacolo fu uno dei primi patroni della chiesa sorrentina: il suo corpo, come spesso accadeva per le persone morte in “concetto di santità” fu seppellito all’interno delle mura urbiche di Sorrento, come difesa soprannaturale in un periodo politicamente convulso e turbolento. Non a caso Bacolo, insieme agli altri tre vescovi e compatroni sorrentini e al protettore principale Antonino, fu invocato dalla flotta sorrentina che nell’849, sulle coste laziali, sbaragliò le flotta saracena che voleva saccheggiare Roma: tanta la devozione che ispirava, nel 1100, sulla moneta coniata dal Ducato Sorrentino era raffigurata proprio la sua immagine (un vegliardo con una folta barba e i paramenti vescovili). Dopo il trasferimento del suo corpo nella chiesa di San Felice, che dunque adottò anche il suo nome, San Bacolo visse un nuovo rifiorire del suo culto nel corso dell’età moderna: la famiglia nobile Brancaccio, di origine napoletana, iniziò a vantarlo come suo antenato, tanto da donare un’urna per conservarne le reliquie, su cui fece incidere il suo stemma: “quattro branche di leone disposte in fascia”. Inoltre a suo nome era intitolata la porta occidentale che permetteva l’accesso all’interno della mura sorrentine: per intenderci la via che conduce a Massa Lubrense, nei pressi dell’attuale ospedale. Oggi il culto verso San Bacolo sta vivendo un nuovo successo: speriamo bene.

Gennaro Galano

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