NAUFRAGIO NAVE CONCORDIA: PUBBLICATE LE MOTIVAZIONI DEI GIUDICI CHE HANNO CONDANNATO IL COMANDANTE SCHETTINO

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‘ “L’intenzione” di Schettino non era seguire la rotta del cartografo ma “navigare secondo il suo istinto marinaresco, più a ridosso dell’isola, confidando nella
sua abilità”. Così le motivazioni dei giudici di appello di
Firenze che hanno condannato il comandante della Concordia a 16
anni di reclusione e un mese di arresto per il naufragio del
Giglio

…… Nessuna “pentola bollente” fu passata dall’ufficiale Ciro Ambrosio, di guardia alla plancia della Concordia la sera del naufragio al Giglio, a Francesco
Schettino quando questi prese il comando. Lo scrivono i giudici
di appello nelle motivazioni con cui hanno confermato la
condanna al comandante della nave. la difesa nel suo ricorso
aveva evidenziato la necessità di far ‘pesare’ di più le
responsabilità degli altri ufficiali in plancia e nella nave.

“Schettino non può fondatamente assumere di non rispondere
delle sue azioni – dicono i giudici di secondo grado respingendo
i motivi di ricorso della difesa – perché sostanzialmente gli
ufficiali a lui subordinati, presenti in plancia, non lo avevano
informato e non gli avevano segnalato la pericolosità della sua
condotta” caratterizzata da “numerose e precise regole generiche
e specifiche di corretta navigazione”.

Vari convergenti elementi, si legge nella sentenza, “inducono a ritenere che Schettino in realtà non era affatto ‘ignaro’ della rotta e della posizione della nave quando assumeva il
comando della manovra” vicina al Giglio.
“Non si comprende come Schettino, al vertice della catena di
comando, possa in questa sede pretendere di andare esente da
responsabilità per le sue numerose condotte colpose, commissive
e omissive, che hanno portato la nave al naufragio solo perché
profili di colpa concorrente (di gravità molto minore) sono
stati ravvisati anche nelle condotte dei suoi sottoposto in
plancia”.

Ed ancora….. il timoniere indonesiano “Jacob Rusli bin non comprendeva bene la lingua inglese – peraltro in violazione della regola che prevedeva espressamente quale lingua
ufficiale di bordo l’italiano – con la quale gli venivano dati
gli ordini” e “la circostanza doveva essere nota al comandante
Schettino il quale, tuttavia si avventurava in una manovra
rischiosa senza procedere alla sua sostituzione”. Così i giudici
di appello hanno respinto uno dei motivi di ricorso della difesa
di Schettino, negando che l’eventuale errore del timoniere abbia
concorso all’urto fatale della Concordia contro gli scogli.
“Anzi Schettino proseguì senza scomporsi una manovra
rischiosa”, “con una raffica stringente di ordini in inglese a
brevissima distanza l’uno dall’altro”. Ordini, dicono ancora in
sostanza i giudici, che non furono decisivi nella manovra, con
la Concordia già contro gli scogli, e che confusero più che mai
il timoniere.

Si legge ancora, tra l’altro, “Non è possibile affermare con certezza se l’imputato avesse sottovalutato la situazione a causa di una vera e propria ‘fuga
dalla realtà’ successivamente all’impatto, o piuttosto se la sua
attenzione e le sue condotte fossero focalizzate sul tentativo
di salvare la nave, come appare più plausibile”, scrivono i
giudici. La corte d’appello di Firenze ammette invece il ricorso
del procuratore di Grosseto dove “è parzialmente fondato in
relazione alla parte sulla mancata pronuncia dei primi giudici
per la pena accessoria dell’interdizione di Schettino da titoli
professionali marittimi in relazione al delitto di naufragio
colposo”. Pena accessoria disposta in sentenza con il divieto di
praticare qualsiasi professione marittima, non solo quella di
comandante di nave.

Gaetano Milone

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