Galleria WESPACE
Vico del Vasto a Chiaia, 52 – Napoli
Collettiva d’arte
“Quinta dimensione”
L’eternità dell’effimero
Vernissage – Venerdì 7 Febbraio ore 18:30
Espongono:
BIGAL
Unberto CAROTENUTO
Crescenzio D’AMBROSIO
Antonio LONGOBARDI
Francesco MATRONE
NEOTTO
Mario SAMMARCO
THc
Presentazione Felicio IZZO
Quinta dimensione
L’eternità dell’effimero
La logica oppositiva binaria – bianco/nero; destra/sinistra; bene/male… – fondamento del
pensiero occidentale, unisce alla congrua opportunità anche la semplicità di
interpretazione. In particolare, tra le molteplici coppie duali proposte da Jacques Derrida ,
quella Natura/Arte è la più funzionale all’interpretazione della Vita come fugace simulazione dell’eterno.
Una coppia che trova nella scontata dimensione della contrapposizione la sua
giustificazione d’essere. Come se la Natura fosse il noumeno, l’essenza, la cosa primitiva e
primigenia, e l’Arte una sua manipolazione non solo in funzione di mutamento, ma anche in
termini di corruzione. Una sorta di deliberata volontà di defraudarne la purezza. In tal senso,
appunto, si utilizza il termine artefatto, nell’accezione di adulterato, contraffatto, falsificato.
Viceversa l’Arte non può che essere scarto, effimero residuo dell’umana operosità. Non
silloge di eteree intuizioni, inerzia di associazioni orientate dall’istinto. Ma scoria di pensieri
che si adeguano alla materia; una sofferta spoliazione del tempo anche a venire. E in quanto
attività superflua, senza alcuna connessione con le funzioni vitali e indispensabili alla
sopravvivenza, non può diventare altro. In quanto è già altro.
La sua speranza di futuro non può che durare il tempo della realizzazione, vivere la
sicurezza e la redenzione del gesto compiuto, celebrarne la morte col banchetto delle
spoglie. Non può che essere in quel momento, e per sempre, fonte di piacere per se stessa.
Hic et semper. Persino dove “sunt leones” ad evocare luoghi che potrebbero identificarsi
con gli universi paralleli della quinta dimensione.
Perché lo spazio – quello del mondo sensibile, immediatamente percepibile – non è una
stanza con delle pareti e un tetto, né il tempo (la quarta dimensione postduchampiana) la
luce che la illumina. Ma, insieme, costituiscono, un’unica sostanza, fluida e trasparente,
fatta di onde e attrazioni, e granuli, ad osservarli al microscopio, in perenne vibrazione,
sostanza nella quale siamo immersi. Noi, fatti della stessa materia. La scienza parla di
cronotopo, continuum spazio-temporale; la poesia di “sogno”, indefinito grumo sospeso tra
il cielo e la terra
Ecco, allora, che la quinta dimensione, evocata nel titolo, non ne costituisce il
superamento, ma sancisce la supremazia, nell’atto creativo assoluto, del big bounce – il
grande rimbalzo – sul big bang. Nella sua ricorsività l’Universo sembra confermare l’antico
principio della conservazione della massa, quello della trasformazione come postulato
dell’eternità. E l’Arte, quella che occasionalmente, nella grammatica quantistica
dell’indeterminismo, si identifica con i nostri otto artisti, ne è l’araldo.
“La salvezza è l’eternità!” sembrano dirci le loro opere. Indipendentemente dalla tematica,
dalla tecnica, dai materiali utilizzati. Se la pittura nasce come volontà di raffigurare
un’assenza e la scultura come illusione di farne un simulacro, tutte le volte che il gesto si
rinnova, si ridetermina l’occasione passata, si pronostica quella prossima.
Il tempo si fa istantaneo.