L’ANGOLO DEGLI ERETICI – IO STO CON DON RITO
“Bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu”.
Non desidero occupare spazi non miei ma mi sono occupato di teologia morale per formare degli operatori pastorali e mi soffermo su una domanda che riguarda l’aver indossato una casula con i colori della bandiera palestinese: “Qual è la condizione che il celebrante ha dovuto soddisfare perché possa dirsi oggettivamente che è un atto di bene?”.
Bisogna premettere che gli atti umani hanno delle “circostanze” che li distinguono. Nessuna azione, in concreto, è indifferente, se non altro viene specificata come buona o cattiva dalle “circostanze”. Il termine, come evidenzia S. Tommaso (Somma teologica, I-II, 7, ad 3), indica in senso locale le cose che stanno attorno, quindi, un atto di amore è buono e giusto non solo in sé ma anche per chi lo riceve quando vengono rispettate tutte le singole circostanze morali. Secondo una catalogazione antichissima, che risale a Cicerone (Retorica, 1), le circostanze morali sono sette: chi: è il soggetto dell’azione; che cosa: che cosa si fa; dove: indica il luogo, se sia pubblico, privato, sacro…; con quali mezzi: si allude ai mezzi coi quali si compie l’azione, se leciti o meno; perché: si riferisce alla motivazione per cui uno compie una determinata azione. È l’intenzione dell’agente; come: si riferisce al modo in cui si è compiuta un’azione; quando: indica la circostanza di tempo (ad es. per i giorni di penitenza, di festa…) o anche la durata. San Tommaso dice che “nessuna azione di un individo è indifferente” (Somma teologica, I-II, 18,9, sed contra). Talvolta capita che un’azione buona quanto al suo oggetto possa ricevere un’ulteriore bontà perché la si compie per un obiettivo più alto. In ogni caso va tenuto presente che le azioni umane devono essere rette non solo in ordine al loro obiettivo intrinseco e all’intenzione, ma anche in ordine alle circostanze. È sufficiente che una sola di esse sia difettosa per rendere meno buona, o addirittura cattiva, un’azione. Di qui il detto degli antichi: “Bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu” (dionigi, De divinis nominibus, 4,22), che significa: perché un’azione sia buona deve essere buona in tutti i suoi elementi (circostanze). Con questi criteri generali, con retta coscienza, potete valutare da soli il caso di don Rito .