CAPRI: RAFFAELE VACCA RICORDA SUOR SERAFINA DI DIO LA FONDATRICE DI SETTE MONASTERI

CAPRI: RAFFAELE VACCA RICORDA SUOR SERAFINA DI DIO LA FONDATRICE DI SETTE MONASTERI

CAPRI: RAFFAELE VACCA RICORDA SUOR SERAFINA DI DIO LA FONDATRICE DI SETTE MONASTERI

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Capri – Suor Serafina di Dio. Una grande caprese.

Suor Serafina, il cui vero nome era Prudenza Pisa, nacque a Napoli il 24 ottobre 1621, dal mercante Nicolò Antonio Pisa e dalla sua seconda moglie Giustina Strina.

Nicolò Antonio Pisa veniva da un’antica famiglia caprese ed aveva due fratelli sacerdoti: don Ottavio, che fu canonico penitenziere della cattedrale di Napoli e consultore del tribunale diocesano, e Gennaro, gesuita. Anche Giustina era di famiglia caprese ed aveva un fratello sacerdote, don Marcello.

Due anni dopo la nascita di Prudenza Pisa, la famiglia ritornò a Capri, abitando dapprima in una casa degli Strina che si trovava lungo la strada per il Castello, e poi in una casa solitaria, in campagna, ad un chilometro dal centro.

L’isola era una diocesi a sé. I comuni di Capri ed Anacapri erano amministrati rispettivamente da un Sindaco, un Supplente, due Eletti ed i Catapani. L’isola era governata da un Capitano o Governatore di nomina regia, il quale sovrintendeva alle elezioni, che si svolgevano ad agosto, amministrava la giustizia, risiedeva a Capri e durava in carica un anno come gli eletti.

Prudenza ricevette la Prima Comunione quando aveva otto anni. Mentre era ancora giovanissima, il padre le propose di sposare un giovane e facoltoso gentiluomo napoletano, Simone Gil. Ma ella, avendo fatto interiormente un’altra scelta, rifiutò. Ed anzi si recise i capelli ed indossò un vecchio abito, attirandosi maltrattamenti dal padre, che si rifiutò di riconoscerla come figlia. Si era riconciliato con lei quando morì, a settant’anni, il 1 giugno 1645.

Il 14 dicembre 1653 lo zio Marcello Strina, che era padre spirituale di Prudenza, fu nominato parroco di Capri.

Tre anni dopo, nell’aprile del 1656, anche nell’isola si propagò la peste che imperversava a Napoli. Prudenza si adoperò coraggiosamente per assistere gli ammalati. Il 15 agosto morì la madre Giustina, il 27 agosto lo zio don Marcello che, per testamento, le lasciò una casetta da destinare al Monastero.

Il 18 aprile 1661 il vicario apostolico di Capri don Orazio Amato, su richiesta di Prudenza, emise il decreto di erezione dell’Istituto del Santissimo Salvatore.

Il 29 maggio, dopo una funzione vespertina nella cattedrale, con il canto del Te Deum, Prudenza con otto compagne fece solenne ingresso in Casa Sanfelice, che Domenico Antonio di Leo aveva messo a sua disposizione. Venne eletta superiora della comunità. L’8 settembre, nella cattedrale, ci fu la vestizione solenne. Il 2 ottobre la comunità si trasferì nella casa lasciata da don Marcello Strina, nel frattempo restaurata.

Il 14 marzo 1666 padre Vincenzo Avinatri donò alla comunità mille ducati, ed ottenne per essa un contributo mensile di cinquanta scudi dal viceré di Napoli cardinale Pasquale d’Aragona.

Nello stesso anno giunse a Capri l’architetto Dionisio Lazzaro per progettare la costruzione del Monastero, usando anche le proprietà limitrofe alla casa, nel frattempo acquistate.

Il 6 ottobre il vescovo di Capri mons. Paolo Pellegrino pose la prima pietra per la costruzione della chiesa, che però fu spostata e benedetta dal vicario don Giuseppe Arena l’8 maggio 1668.

Nella festività della Circoncisione del gennaio 1670, con decreto del vescovo di Capri, tutte le consorelle della comunità cambiarono il proprio nome. Prudenza Pisa assunse quello di Serafina di Dio. La costruzione della chiesa terminò nel giugno del 1670, quando fu benedetta dall’arcivescovo di Amalfi mons. Stefano Quaranta. Il 25 luglio, nell’interiore entusiasmo di suor Serafina, venne portato nella chiesa il Santissimo dalla cattedrale.

Nell’ottobre del 1673 riordinò il Monastero di Massa Lubrense, dedicato a Santa Teresa, iniziando la costruzione della chiesa. Nell’aprile del 1674 suor Serafina, che era stata sempre rieletta come superiora ogni tre anni, venne nominata superiora a vita del Monastero del Santissimo Salvatore. Ma il vescovo Paolo Pellegrino fu contrario a questa nomina.

Nel maggio del 1676 fondò a Vico Equense il Monastero della Santissima Trinità sull’ex convento dei padri carmelitani. Nel marzo del 1680 fondò quello di Pagani, dedicato alla Purità di Maria.
Nell’agosto del 1683, avendo saputo da padre Vincenzo Avinatri che l’esercito turco aveva assediato Vienna, capitale dell’Impero, ed intuendo che la presa della città avrebbe potuto determinare un’occupazione della civiltà occidentale cristiana, con le consorelle incominciò a pregare S. Michele, al quale era stata sempre devota. Poi, ritenendosi “donna imbelle” e non adatta a combattere, lo pregò di sostenere le truppe imperiali, promettendogli di fondare un monastero in suo onore ad Anacapri se i turchi fossero stati respinti. Ciò avvenne a Kahlenberg il 12 settembre, per cui, l’11 ottobre, suor Serafina salì ad Anacapri, e giovandosi della casa Ariviello che le era stata donata, fondò il Monastero di S. Michele. Il 12 marzo 1685 il giovane cardinale Vincenzo Maria Orsini (che nel 1724 diventerà papa, assumendo il nome di Benedetto XIII), insieme con il vescovo di Capri mons. Dionisio Petra, consacrò la chiesa del Monastero del Santissimo Salvatore.

Nello stesso anno Suor Serafina venne accusata presso il Santo Uffizio. L’accusa scaturì da un’indagine che seguiva una denuncia contro il sacerdote oratoriano Francesco Cesari, che si era trasferito a Capri. Era legato a padre Vincenzo Avinatri ed era diventato seguace di Miguel de Molinos, autore della Guida, dalla quale proveniva il Quietismo, sul quale suor Serafina, il 5 febbraio 1682, aveva scritto un’equilibrata lettera a padre Giuseppe De Luciis.

Il 22 aprile 1689 iniziò la segregazione nella propria cella, dalla quale non poteva uscire. Non poteva parlare con estranei. Era sotto estrema vigilanza. Le fu tolta anche l’Eucarestia.
Il 12 marzo 1691 venne fondato il Monastero di San Giuseppe a Fisciano. Ma ella non potè andarvi.

La segregazione cessò il 19 ottobre 1691, dopo la condanna a ritrattare solamente, ed in privato, alcune preposizioni e visioni comprese nei suoi scritti, ritenute malsonanti, inverosimili, improbabili, sospette di temerarietà, presunzione o illusione. Le fu anche imposto di non essere preposta al governo dei suoi monasteri, non dirigere le anime, non accedere al parlatoio, alla porta ed alle grate senza il permesso del confessore.

La sua vita terrena terminò il 17 marzo 1699. I funerali si svolsero il 26 marzo. Fu sepolta nel coro interno della chiesa del Santissimo Salvatore.

Meno di un mese dopo, l’11 aprile, il cardinale Vincenzo Maria Orsini inviò una lettera al padre oratoriano Nicolò Sguillante, invitandolo ad interessarsi del processo di beatificazione, che il vescovo di Capri monsignor Michele Gallo Vandeneynde iniziò l’8 agosto.

Nel 1723 venne pubblicata a Napoli la fondamentale Vita della venerabile madre suor Serafina di Dio, iniziata dallo stesso Nicolò Sguillante, e proseguita e conclusa dal confratello Tomaso Pagani. Il 19 novembre 1808, con decreto del re di Napoli Gioacchino Murat, venne soppresso il Monastero di S. Michele in Anacapri; con altro decreto dello stesso re, il 28 dicembre, fu soppresso anche il Monastero del Santissimo Salvatore in Capri. I beni dei due monasteri furono incamerati dal demanio statale.

Il 3 agosto 1876 Pio IX sospese il processo di beatificazione, che nel 1989, quasi a sorpresa, è stato incluso nell’Index causarum.

Il primo gennaio 1813 le spoglie di suor Serafina furono trasferite dalla chiesa del Santissimo Salvatore (detta popolarmente di Santa Teresa) nella chiesa parrocchiale di Santo Stefano, dove hanno avuto varie collocazioni.

Su esortazioni dei suoi direttori spirituali scrisse relazioni, che sono come un diario spirituale delle sue visioni, delle sue riflessioni, della sua attività pratica. Per l’educazione e la formazione delle sue consorelle, seguendo l’esempio di Santa Teresa, scrisse piccoli trattati. Scrisse anche molte lettere, che nel 1745 erano 2167, purtroppo molte sono andate perdute.
Raffaele Vacca

Gaetano Milone

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