ROMA: E’ MORTO CARLO AZEGLIO CIAMPI, PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DAL 1999 AL 2006

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All’età di 95 anni è morto questa mattina a Roma Carlo
Azeglio Ciampi.  Nato a Livorno nel 1920 e’ stato
presidente della Repubblica dal 1999 al 2006. E’ stato anche,
per 14 anni, governatore della Banca d’Italia e presidente del
Consiglio nel 1993. Economista di grande prestigio, ha retto la Banca d’Italia per
14 anni e per le sue competenze e qualita’ morali e’ approdato
alle piu’ alte cariche politiche. Prima come presidente del
Consiglio nel periodo piu’ acuto di crisi della Prima Repubblica,
dopo come ministro dell’ Economia garante dell’entrata dell’
Italia nell’euro per poi salire al Quirinale come uomo delle
istituzioni senza aver alcuna tessera di partito in tasca.
A parte una militanza giovanile nel Partito d’Azione, Ciampi
negli anni turbolenti del dopoguerra non aderi’ ad alcuna
formazione politica, non ha mai occupato, peraltro, un seggio in
Parlamento, si e’ costruito il suo prestigio di studioso e di
economista lontano dai Palazzi della politica negli austeri
ambienti di palazzo Kock.
La sua figura super partes di economista, studioso discreto e
servitore dello Stato, capace di avere un consenso bipartisan,
prestato alla politica per guidare la transizione apertasi con
la crisi dei partiti investiti da tangentopoli, gli ha
consentito, una volta eletto al Quirinale nel 1999 di diventare
il “presidente di tutti”. Un volto rassicurante di padre di
famiglia su cui poter contare. Dei suoi nove predecessori,
l’unico ad avere un identikit simile era stato Luigi Einaudi
(1948-1955), anch’egli ex governatore della Banca d’Italia.
Cosa ora rimane del “Presidente senza partito”? Sicuramente
gli incessanti appelli al dialogo bipartisan. Il confronto –
scontro istituzionale, anche se con toni misurati, con Silvio
Berlusconi. La riscoperta del Tricolore e dell’Inno di Mameli e
il viaggio nella memoria. Sara’ un dettaglio da poco, ma
significativo, aver aperto al pubblico il Vittoriale, quel
monumento imponente che detiene le spoglie del milite ignoto
sempre serrato da una cancellata che i romani avevano battezzato
per il suo biancore marmoreo la “torta nunziale”. Quello di
Ciampi e’ stato un settennato per molti versi sorprendente.
Cominciato in sordina, si e’ imposto con un crescendo inatteso.
In tanti ricordano le diffidenze iniziali per un presidente
veramente estraneo ai partiti e lo stupore destato dall’elezione
con una maggioranza cosi’ ampia (707 voti su 990 e al primo
scrutinio).
Basta dire che per indicare quella eccezionale convergenza di
opposti schieramenti fu coniato un nuovo termine: il ‘metodo
Ciampi’. Ad altri, invece, Ciampi sembro’ un presidente
transitorio, di ripiego. Lo faceva pensare il suo curriculum
vitae tutto tecnico. Si sbagliavano: per sette anni e’ Ciampi a
giocare nella vicenda politica nazionale il ruolo di ‘garante
attivo’, con il Vangelo della Costituzione in mano, con sue idee
politiche, con radicate convinzioni laiche, democratiche ed
europeiste, da uomo impegnato a difendere con passione civile e
determinazione le sue opinioni.
Il presidente livornese era stato per 14 anni (1979-1993)
alla guida della Banca d’Italia, per un anno presidente del
Consiglio (1993-1994), per tre anni ministro del Tesoro. Il
prestigio e l’autorevolezza guadagnati in questi ruoli gli
permisero di dare al Quirinale una centralita’ in gran parte
inedita nella vita italiana. Col suo lavoro di raccordo fra le
istituzioni, la riscoperta dell’Inno Nazionale e del Tricolore
come momenti forti attorno ai quali “cementare l’identita’
nazionale”, dei monumenti simbolo dell’Unita’ nazionale, Ciampi
conferi’ al Quirinale l’immagine della ”casa degli italiani”,
come amava ripetere in quegli anni. La scelta europeista, e la
grande partita per far entrare l’Italia nel gruppo di testa tra
i paesi che hanno adottato l’Euro, fu una costante, un punto
fermo, un radicamento della sua vita politica prima e durante il
settennato. Era il “padre della moneta unica” e lo ricordava
costantemente insieme alla sua vocazione europea.
La sua azione di persuasione, svolta in gran parte per
linee interne, e’ passata come lo stile della moral suasion che
si condensa nella formula: senza dialogo non si trovano mai
soluzioni politiche. La moral suasion ha avuto successo anche su
fatti eclatanti come dopo il G8 di Genova, e alla vigilia
dell’attacco anglo-americano contro Saddam Hussein, quando
Ciampi richiamo’ l’art.11 della Costituzione e trattenne il
governo Berlusconi dalla tentazione di deliberare una
partecipazione militare italiana da belligeranti: il premier
ripiego’ poi sull’invio di una missione umanitaria protetta
militarmente e giunta in Iraq quando le operazioni belliche per
la caduta del regime erano gia’ concluse. Ciampi ha usato con
moderazione i suoi pochi poteri (ma li ha usati) ed ha usato il
prestigio personale e l’autorevolezza per ampliarli: con le
esternazioni e attraverso l’intesa con altre istituzioni. Ha
rivendicato ed esercitato il diritto-dovere di dare consigli a
tutti: anche all’esecutivo. In questo senso, e’ stato un
presidente interventista dallo stile indubbiamente innovativo.
In alcuni casi e’ intervenuto anche nell’iter legislativo, con la
‘moral suasion’. Ma quando i suoi richiami non sono stati
ascoltati ha detto dei ‘no’ chiari e tondi.
Ciampi ha toccato le corde profonde del Paese nei momenti piu’
drammatici, impersonando il dolore di una Nazione: le
sfide-ricatto delle bombe del ’93;i solenni funerali di Stato
per i caduti di Nassiriya, le esequie dei bambini della scuola
terremotata di San Giuliano di Puglia.

Gaetano Milone

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