(di Salvatore Caputo) – Sono trascorsi quattro lunghi anni da quel maledetto episodio accaduto tra il 23 e 24 Aprile, ma se chiudo gli occhi, sento ancora la tua voce che riecheggia nel viale di casa nostra. Il tuo sorriso, i tuoi occhi, la tua simpatia ti rendevano ancor più prezioso per quella amicizia nata fin quando eravamo bambini. Una persona forte e decisa, ma accondiscendente e timida, severa ed autarchica, ma allegra e tranquilla, un ossimoro per ricordarti come ti chiamavo da piccino, il mio caro amico Giosy. Te ne sei andato senza nemmeno salutarmi, io che ti aspettavo sotto casa per affrontare quei discorsi infiniti che terminavano negli argomenti da te preferiti… macchine e motori. La mia adolescenza l’ho divisa con te, siamo cresciuti insieme con le stesse paure di diventare grandi, fin quando mi raccontasti la gioia di affrontare quel viaggio sulla nave mercantile “Bianca Moretti” con quel titolo che hai sudato tanto per ottenerlo. Io ti conosco bene Giosy, perché lo so che tu stai ancora tra di noi, e se ti hanno definito “il ragazzo napoletano” che si è tolto la vita, non hanno capito proprio niente di te, perché l’onestà, la sincerità e la correttezza hanno sempre contraddistinto la tua personalità onorabile e rispettosa. Tua mamma vuole salutarti con un pensiero che lo scrivo con tanto affetto: “Caro Giosy, sono quattro anni di disperazione; per la tua inconcepibile morte sei partito su quella nave pieno di speranze e di sogni, mai potuti realizzare….e su quella stessa nave sei sceso in una bara. Povero figlio mio, tutti tuoi sogni spezzati, non so il perché… Tu vivi in me e nel cuore di tutti!”
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