TERMINI DI MASSA LUBRENSE, FEBBRAIO 1973-FEBBRAIO 2023: LA COMUNITA’ LOCALE RICORDA LE VITTIME DELLA TERRIBILE FRANA

TERMINI DI MASSA LUBRENSE, FEBBRAIO 1973-FEBBRAIO 2023: LA COMUNITA’ LOCALE RICORDA LE VITTIME DELLA TERRIBILE FRANA

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Per non dimenticare. “Vai con Dio o straniero ma lieve sia il tuo psso le pietre che tu passeggi noi le abitammo piamente finchè non ci rapì con esse un improvviso misterioso richiamo”. Due famiglie distrutte completamente dalla forza della natura particolarmente matrigna verso i suoi figli. Dieci i morti tra cui tre bambini. Il Sindaco di Massa Lubrense, Lorenzo Balducelli, ricorda e commemora le vittime di quell’immane tragedia anchea nome di quanti si sono impegnati in manifestazioni civili e religiose per non perdere la memoria.

“16 febbraio 1973, il giorno della frana del San Costanzo – scrive tra l’altro il sindaco di Massa Lubrense. Un avvenimento tragico,   che non è solo un ricordo ma che ha segnato profondamente la storia  della Comunità di Termini e di tutta Massa Lubrense.

Un avvenimento che ha scavato nell’anima di ogni massese un solco di dolore. Una vera tragedia che ha spezzato le vite di Erminia, Margherita, Laura, Rosa, Maria Grazia, Salvatore, Rosa e i tre  piccoli Maria Grazia, Antonietta e Anna. Dieci persone travolte dalle pietre e dal fango. Due nuclei familiari cancellati e soprattutto le tre bambine volate in cielo prima ancora che la loro vita sbocciasse completamente.

Una montagna che è il simbolo del nostro territorio il san Costanzo ma che insieme alla bellezza, alla sua unicità, alla sua posizione unica che sovrasta il braccio di mare che divide Massa da Capri, porta nel grembo questo triste ricordo.

Ancora oggi per chi ha i capelli bianchi, come me, camminare lungo la curva di Roncato, proprio dove c’era l’ex complesso del Flamingo, e alzare gli occhi verso il versante occidentale del “Monte”, all’imponenza del san Costanzo si associa al ricordo commosso di quelle dieci vite spezzate e a quel giorno. Le sirene, le urla di dolore, il silenzio, le pietre, il fango, le lenzuola bianche a coprire i corpi senza vita.

Lo stesso effetto che fa la targa commemorativa sulla strada che porta verso la punta della Campanella.

A cinquanta anni da quella autentica tragedia oggi ricordiamo, cioè riportiamo al cuore quella giornata e quelle vite. Ricordare, per me, non è solo  un “dovere di ufficio”, un atto dovuto da un sindaco.  Ricordare è per me un bisogno dell’anima. Lo faccio come persona ma anche a nome di tutta la Comunità di Massa Lubrense.

Al ricordo voglio associare, però,  la testimonianza. Ero un giovane nel 1973 quando è avvenuta la tragedia e per me quel giorno la porto ancora dentro come tutti quelli che hanno superato i sessanta anni. Per tanti giovani, invece, la frana di San Costanzo con la sua immane tragedia non è conosciuta.

Per questo ho accolto con molto favore l’iniziativa di pubblicare documenti, ricordi, fotografie e di andare nelle scuole per parlare di quel giorno e di quelle persone con i testimoni di quella tragedia.

Un plauso a quanti si sono adoperati per tutto questo  e per quanti hanno dato il loro contributo a diverso titolo alle Celebrazioni per  i cinquanta anni di quel triste giorno. Il mio ringraziamento particolare va al Comitato che ha curato queste celebrazioni: alla Parrocchia di Santa Croce in Termini ed al parroco don Michele Di Martino,  all’Archeoclub,  alle associazioni Zenit e Pronti si Parte, alla Pro Loco Due Golfi, alla Confraternita del Santo Rosario di Termini.

 

Ai familiari delle vittime và tutto il nostro cordoglio. Queste giornate non hanno certo alleviato il loro dolore, anzi per certi versi lo hanno fatto di nuovo affiorare, ma credo che la vicinanza e  l’affetto di Massa Lubrense e di tutta la Penisola Sorrentina ha dato loro forza ed una carezza di sollievo e consolazione.

Un ultimo pensiero, ma non perché sia ultimo come importanza, va alla Comunità di Termini. Sono rimasto sempre affascinato dal rapporto dei terminesi con il “Monte”. Si il “Monte” una modo di chiamarlo che và oltre il nome proprio di san Costanzo o prima ancora del Canutario”.

 

 

Gaetano Milone

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