SORRENTO, CHIESA DI SAN PAOLO : “ECCO L’UOMO CROCIFISSO”, CAPOLAVORI D’INTARSIO DI GIUSEPPE ROCCO

SORRENTO, CHIESA DI SAN PAOLO : “ECCO L’UOMO CROCIFISSO”, CAPOLAVORI D’INTARSIO DI GIUSEPPE ROCCO

SORRENTO, CHIESA DI SAN PAOLO : “ECCO L’UOMO CROCIFISSO”, CAPOLAVORI D’INTARSIO DI GIUSEPPE ROCCO

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ECCE HOMO CRUCIFIXUS “Ecco l’Uomo Crocifisso”.

In cammino verso Gesù Cristo.  Itinerario Estetico – Spirituale con l’Uomo della Croce

Era in programma una mostra nella Chiesa di San Paolo dal 2 al 12 aprile prossimo, una mostra del Prof. Giuseppe Rocco di alcuni suoi capolavori d’intarsio avente come soggetto il Crocifisso. Gli eventi ben noti, non hanno però potuto fermare la lodevole iniziativa. E d’intesa col Rettore della monumentale Chiesa, si è pensato di affidare alla rete il progetto artistico.

Scrive Don Francesco Saverio Casa: “Il percorso interiore del Prof. Giuseppe Rocco non è semplicemente l’espressione di qualcosa di percepibile dai sensi, ma è un digiuno della vista. Il profondo pensiero teologico di Joseph Ratzinger, contenuto in un suo testo dal titolo “In cammino verso Gesù Cristo, San Paolo 2004”, mette in luce alcuni concetti chiave per aprirci all’estetica delle fede, oggetto tra l’altro di quest’ Itinerario Artistico – Spirituale con l’Uomo della Croce in collaborazione con il Rettore della Chiesa di San Paolo.

E’ che l’artista coglie la gloria di Dio sul volto di Cristo: percorso interiore, purificazione dello sguardo, purificazione del cuore. E’ la bellezza che ci mette in relazione con la forza della verità. Soltanto chi sa cogliere questa bellezza comprende che proprio la verità, e non la menzogna, è l’estrema affermazione del mondo. La percezione interiore deve liberarsi dalla pura impressione sensibile, per acquisire nella preghiera una nuova e più profonda capacità di vedere. Soltanto l’icona del Crocifisso è capace di liberarci da quest’inganno prepotente. L’arte cristiana si trova oggi tra due fuochi: da un lato deve opporsi al culto del brutto, tendente a convincere che ogni bellezza è inganno, e che soltanto la rappresentazione della crudeltà, della bassezza e del volgare sarebbe verità e illuminazione; dall’altro deve contrastare la bellezza menzognera che mira a rendere l’uomo più piccolo, anziché espanderlo nella verità. Occorre imparare a vedere Cristo. Colui che è la Bellezza in sé, ferito dal dardo della bellezza si è lasciato percuotere sul volto, coprire di sputi, incoronare di spine. Ma proprio in quel volto sfigurato appare l’autentica, estrema Bellezza dell’Amore che ama sino alla fine. Non è dunque la bellezza esteriore della figura del Redentore a essere glorificata: ciò che si manifesta in lui è invece la bellezza della Verità, la bellezza stessa di Dio che ci attira e ci procura la ferita dell’Amore, l’eros – la “sacra passione” – che ci fa correre, assieme alla Chiesa e nella Chiesa/Sposa, incontro all’Amore che ci chiama.

Nel famoso testo dal titolo Undici Secoli di vita monastica, edito dalla Tipografia Benedettine Sorrento, 25 novembre 1972, è scritto: “Come goccia piccola di sangue vivo che rosseggiava sul dito”. Nella Chiesa di San Paolo qui a Sorrento, un fatto prodigioso avvenne il 15 giugno dell’anno 1758. In quella domenica del 15 giugno, un’educanda del monastero, sui quindici anni, vide al lume chiaro del sole calare dagli occhi dell’immagine due strisce lucide che arrivavano fino sotto il gomito destro della medesima immagine. Da un piccolo quadro, una pittura su tela del 1600 raffigurante l’Ecce Homo, miracolosamente trasudarono gocce di sangue le quali furono raccolte in un lino. Tuttora il quadro è conservato dalle Monache Benedettine nel Monastero di Sant’Agata sui Due Golfi dove si trasferirono verso la fine degli anni 70, mentre nella Chiesa di Sorrento oggi vi è una copia esposta alla devozione dei fedeli. Il quadro, di buona fattura, è di scuola spagnola e risale alla seconda metà del ‘600; esso riproduce la figura del Cristo a mezzo busto dal volto triste ma mite sotto una corona di spine e la sua persona appare leggermente curva con le braccia incrociate ed una canna nella destra. La devozione delle Monache Benedettine gli ha dato un nome: Ecce homo.

 

 

 

L’ uomo non si sente in casa ne’ nel suo ambiente, ne’ in se stesso. E’ insicuro, labile ed esposto. Per questo soffre di continuo della sua non – identità: deve ricercare il suo essere e trovare sè stesso. L’ uomo e’ l’essere in ricerca. Questa e’ la sua dignita’ e la sua miseria. L’ essere “uomo” che egli ricerca e che deve trovare, e’ la sua speranza e il suo tormento. Trovare “uomini” di cui fidarsi e che amano qualcuno e’ la cosa piu’ bella. Venir designati, traditi, oppressi, torturati e distrutti da uomini e’ la cosa piu’ terribile. L’ uomo e’ un mistero della speranza e al tempo stesso un mistero della malvagita’. La Via alla Croce e’ la risposta a tutto questo. “E Gesu’ comincio’ a spiegare ai discepoli che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, essere riprovato, essere messo a morte e risuscitare dopo tre giorni”. Con il titolo “figlio dell’uomo” si intende un uomo e l’uomo per eccellenza, non un titolo che separa uomo da uomo. Tutti gli uomini vogliono vincere il dolore e trasformare l’insicurezza in sicurezza. Il Crocifisso incorpora per me la vera umanita’ di Dio in un mondo che contraddice Dio e distrugge l’umano. Gesu’ soffre e assume la sofferenza per toglierla dal disumano. Lo vuole perche’ non soccombe alla tentazione del diavolo di divinizzare se stesso e di sopprimere in se’ e negli altri l’ umano. Gesu’ e’ il vero uomo. Si esprimeva in questi termini il “teologo della speranza” Jurgen Moltman nel 1974.

Lascio a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori una profondissima sua meditazione sulla Passione di Cristo al capitolo X: Pilato dimostra Gesù al popolo dicendo: Ecce Homo. Exivit Pilatus foras… et dicit eis: Ecce Homo.

Pilato lo mirò e l’osservò così lacerato e difformato,

che si persuase di muovere a compassione il popolo con farcelo solamente vedere.

 

Onde uscì fuorialla loggia portando secol’afflitto nostro Salvatore e disse:

Ecce Homo, come dicesseGiudeicontentatevi di quel che ha patito sinora questo povero innocente. Ecce Homo, ecco quell’uomo del quale avevate timore

che volesse farsi vostro re, ecco miratelo come sta ridotto.

Lasciatelo andare a morir nella sua casa, mentre poco può restargli di vita.

Guarda ancor tu, anima mia, su quella loggia il tuo Signore legato e tirato da un manigoldovedilo come sta mezzo nudocoperto bensì di piaghe e di sangue, colle carni tutte lacere, con quello straccio sopra di porpora che gli serve di ludibrio.

Mira il tuo pastore a che s’è ridotto per ritrovar te pecorella perduta.

Ah Gesù mio, e quante comparse di scena vi fanno fare gli uomini, ma tutte di dolore e di vituperio? Ah dolce Redentore, voi fate compassione anche alle fiere, ma qui non trovate pietà!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gaetano Milone

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