DON PEPPINO ESPOSITO RETTORE DELLA BASILICA DI SANT’ANTONINO NEL RICORDO DI DON FRANCESCO SAVERIO CASA

DON PEPPINO ESPOSITO RETTORE DELLA BASILICA DI SANT’ANTONINO NEL RICORDO DI DON FRANCESCO SAVERIO CASA

DON PEPPINO ESPOSITO RETTORE DELLA BASILICA DI SANT’ANTONINO NEL RICORDO DI DON FRANCESCO SAVERIO CASA

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Nel 2009, in preparazione alla Festa del Patrocinio di Sant’Antonino Abate e
celebrata come da tradizione la prima domenica di maggio, Don Peppino mi fece dono di questa foto.
Ci preparammo, insieme, nella Basilica di Sorrento ad accendere con una piccola fiamma la lampada votiva che arde davanti all’immagine del Patrono della Città di Sorrento e della Arcidiocesi.
Desidero ricordare Don Peppino con le parole della prima Enciclica scritta da Papa Francesco nel 2013, e fissare nella memoria, con queste  considerazioni, la figura del sacerdote e parroco il quale celebro’ il Sacramento del mio Battesimo, mi preparò a ricevere l’Eucaristia nel giorno della prima comunione, proseguì con il suo silente ed incoraggiante cammino accompagnandomi fino alla vigilia dell’ Ordinazione Sacerdotale avvenuta per la preghiera e l’imposizione delle mani di S. E. Mons. Felice Cece di venerata memoria il 30 maggio 1998 nella Chiesa Cattedrale di Sorrento.
Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta.
Viene da questa Chiesa che — secondo le parole di Romano Guardini —  è la portatrice storica dello sguardo plenario di Cristo sul mondo.
Quando la fede viene meno, c’è il rischio che anche i fondamenti del vivere vengano meno, come ammoniva il poeta T. S. Eliot: “Avete forse bisogno che vi si dica che perfino quei modesti successi / che vi permettono di essere fieri di una società educata / difficilmente sopravviveranno alla fede a cui devono il loro significato?”.
San Gregorio Magno ha scritto che “amor ipse notitia est”, l’amore stesso è una conoscenza, porta con sé una logica nuova.
Si tratta di un modo relazionale di guardare il mondo, che diventa conoscenza condivisa, visione nella visione dell’altro e visione comune su tutte le cose. Guglielmo di Saint Thierry, nel Medioevo, commenta un versetto del Cantico dei Cantici in cui l’amato dice all’amata: “I tuoi occhi sono occhi di colomba”.
Questi due occhi, spiega Guglielmo, sono la ragione credente e l’amore, che diventano un solo occhio per giungere a contemplare Dio, quando l’intelletto si fa “intelletto di un amore illuminato”.
La fede retta orienta la ragione ad aprirsi alla luce che viene da Dio, affinché essa, guidata dall’amore per la verità, possa conoscere Dio in modo più profondo.
La fede fa comprendere l’architettura dei rapporti umani, perché ne coglie il fondamento ultimo e il destino definitivo in Dio, nel suo amore.
Sì, la fede è un bene per tutti, è un bene comune, la sua luce non illumina solo l’interno della Chiesa, né serve unicamente a costruire una città eterna nell’aldilà; essa ci aiuta a edificare le nostre società, in modo che camminino verso un futuro di speranza. L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga l’orizzonte dell’esistenza, le dona una speranza solida che non delude.
La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso.
Con riconoscenza e gratitudine, mi congedo da te Don Peppino con le medesime parole che maggiormente amavi ricordare.
Arrivederci in cielo.
Don Francesco Saverio Casa, Rettore della Chiesa di San Paolo in Sorrento.

Gaetano Milone

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